Premessa a «Saggi alfieriani» (1969)

W. Binni, «Premessa» a Saggi alfieriani, Firenze, La Nuova Italia, 1969. I saggi raccolti nel volume sono: Le lettere dell’Alfieri, Il finale della «Tirannide» e le tragedie di libertà, Il periodo romano dell’Alfieri e la «Merope», Lettura del «Saul», La prima parte delle «Rime» alfieriane, Lettura della «Mirra». In appendice, il saggio Vita interiore dell’Alfieri.

PREMESSA A «SAGGI ALFIERIANI»

Raccolgo in questo volume saggi sull’Alfieri scritti in vari tempi entro un lento e lungo sviluppo della mia attenzione critica a questo grande e discusso poeta, a cui spero – anche sulla base di un recente e pur ancora provvisorio profilo monografico pubblicato nel volume Settecento della Storia della letteratura italiana dell’editore Garzanti, su quella piú lontana di due volumi di dispense universitarie edite dalla libreria Bozzi di Genova nel 1954 e 1955, nonché in relazione a numerosi interventi critici su libri e articoli alfieriani, apparsi nella «Rassegna della letteratura italiana» dal 1953 in poi[1] – di poter dedicare in seguito un’organica monografia, impostata come ricostruzione storico-critica della personalità alfieriana, nella sua genuina vocazione tragica e nella sua risposta complessa, e spesso complicata e difficile, a problemi della crisi preromantica dell’illuminismo[2].

Si tratta, ripeto, di saggi risalenti a vari periodi del mio lavoro[3], inevitabilmente bisognosi dí quella integrazione e revisione che solo può loro venire da un nuovo lavoro organico e riportato alle mie istanze metodologiche in sviluppo. E tuttavia oso pensare che un lettore attento potrà ricavare da questo volume – specie nella sua parte relativamente piú recente, quantitativamente maggiore e qualitativamente piú elaborata – una non inutile sollecitazione ad una nuova ripresa di interesse per l’Alfieri, sia nel suo ricco fondo umano (il saggio sulle Lettere) e sulla estrema fertilità del suo lavoro lirico, tra potenti intuizioni ed espressioni di un mondo interiore, tutt’altro che rattratto e rigido, e forza e impegno di elaborazione stilistica (il saggio sulle Rime), sia sul valore tecnico-teatrale-poetico delle sue tragedie maggiori (le letture del Saul e della Mirra) e sul rapporto fra il teatro alfieriano e precedenti del teatro tragico italiano (il saggio sulla Merope) o su quello fra le tragedie e le prospettive del pensiero politico alfieriano (il saggio sul finale del Della Tirannide e le tragedie di libertà), sia infine sulla maturazione dei due capolavori entro una dinamica di esperienze e di problemi che legano quella al lavoro della Merope e alla ricchissima offerta della prima parte delle Rime. Sicché una parte di questi saggi costituisce già in realtà la ricostruzione del periodo culminante nel Saul e nella Mirra e ne motiva ed esplica le tensioni risolte in poesia tragica.

E proprio a proposito della poesia tragica alfieriana e della sua natura teatrale (su cui ho sempre insistito sino a piú recenti utilizzazioni dell’opera alfieriana in sede metodologica[4]) vorrei sperare che soprattutto i saggi sul Saul e sulla Mirra non passassero inosservati a qualche regista e compagnia teatrale attuale, come il De Lullo e la compagnia dei «giovani», a cui vedrei ottimamente affidata una rappresentazione della Mirra nella capacità, di quel regista e di quella compagnia, di una interpretazione insieme storica e «moderna», filologicamente fedele e originalmente innovatrice nello sviluppo di una tragedia cosí ricca di presentimenti moderni e di profondo scandaglio nel «cupo ove gli affetti han regno».

Devo infine giustificare la ripubblicazione in appendice del mio primo lavoro alfieriano, Vita interiore dell’Alfieri, per tanti aspetti lontano ormai dal mio gusto piú maturo, e certo colorato da una certa enfasi e da ragioni valide soprattutto nella mia vicenda personale (anche se non prive di agganci con un periodo della situazione storica italiana di anni lontani), ma non privo di motivi critici, abbozzati e schematici, eppure forse non interamente inutili nella storia del problema critico alfieriano.

Né d’altra parte potevo aggiornare in alcun modo quel volumetto nato in un preciso momento e configurato in una precisa maniera.

L’offro dunque alla rilettura dei piú volenterosi lettori con alcune spiegazioni senza le quali la sua ripubblicazione apparirebbe assai dubbia rispetto allo sviluppo dei miei saggi pubblicati nella prima parte del volume.

Quel vecchio volumetto – uscito in una collana dell’editore Cappelli e diretta da Luigi Volpicelli (come la Vita interiore di Ugo Foscolo dell’amico Claudio Varese) che intendeva presentare personalità letterarie e filosofiche con larghi squarci dei loro testi, in una forma di impegnativa divulgazione – nacque in realtà (e fu steso in un rapidissimo tempo alla fine del 1940, anche se venne poi pubblicato nel 1942[5]) in un’appassionata prospettiva etico-politica di opposizione alla dittatura fascista, ad una guerra combattuta per una patria-non patria (perché priva di libertà secondo la definizione dell’Alfieri nella Tirannide), ad una concezione del letterato conformista e cortigiano, ad una cultura ufficiale che negava la funzione stessa del letterato e dell’intellettuale quale appunto emergeva dalla tradizione libertaria inaugurata dall’Alfieri.

Da quella prospettiva derivava la forte accentuazione della figura alfieriana come auctoritas di passione per la libertà portata fino all’estremo («né visto è mai dei dominanti a lato») e certo in una forte consonanza con un aspetto delle mie posizioni, allora, di «liberalsocialista» o di socialista a fondo fortemente antiautoritario.

La ripubblicazione di quel libro va dunque riveduta in quella situazione concreta e può valere anche come documento di una passione per l’Alfieri che certo era alla base – piú o meno esplicitamente – di molti libri e saggi dedicati a lui durante gli anni della dittatura e promossi da quella precedente attenzione etico-politica all’Alfieri negli anni immediati del primo dopoguerra, fra i saggi di Gobetti e di Calosso.


1 Molte delle schede, recensioni e note della «Rassegna» sono poi state ripubblicate nella parte terza (Note e schede settecentesche) del mio volume Classicismo e Neoclassicismo nella letteratura del Settecento, Firenze, La Nuova Italia, 1963, 19672. Ne do qui l’elenco: Il giudizio del Bettinelli sull’Alfieri; Le redazioni della «Vita» alfieriana; Interpretazioni alfieriane (Oreste, Ottavia, Saul, La giovinezza letteraria dell’Alfieri; Il «poeta» Alfieri; La Tirannide). Per le relazioni Leopardi-Alfieri rinvio alle pagine in proposito, comprese nel mio saggio Leopardi e la poesia del Secondo Settecento in Leopardi e il Settecento, Firenze, Olschki, 1964.

2 Per la posizione dell’Alfieri al culmine del preromanticismo italiano rimando all’ultimo capitolo del mio libro Preromanticismo italiano, Napoli, Edizione Scientifiche Italiane, 1947, 19592.

3 I saggi compresi nel presente volume furono già pubblicati nelle seguenti date e sedi: il saggio sulle lettere derivante da una introduzione a Giornali e lettere, Torino, Einaudi, 1949, fu già pubblicato nel volume Critici e poeti dal Cinquecento al Novecento, Firenze, La Nuova Italia, 1951, 19632; quello sul finale della Tirannide e le tragedie di libertà nella «Rassegna della letteratura italiana», 1963, 2; quello sulla Merope in Studi in onore di C. Pellegrini, II, Torino, SEI, 1963; quello sul Saul in Studi di varia umanità in onore di F. Flora, Milano, Mondadori, 1963; quello sulle Rime, nella «Rassegna della letteratura italiana», 1961, 1; quello sulla Mirra, prima nella «Rassegna della letteratura italiana», 1957, poi in Carducci e altri saggi, Torino, Einaudi, 1960, 19672. Ringrazio per quest’ultimo saggio l’editore Einaudi che ne ha autorizzato l’inclusione anche in questo volume (il saggio stesso fa anche da introduzione al commento della Mirra, curato da me e da R. Scrivano presso La Nuova Italia). E cosí ringrazio l’editore Cappelli per il permesso di ripubblicare, nell’appendice di questo volume, il saggio Vita interiore dell’Alfieri.

4 Per piú precise indicazioni sulla lettura tragico-teatrale delle tragedie alfieriane (nonché sulle trasformazioni del finale del Filippo nelle successive redazioni e sulla posizione politica dell’ultimo Alfieri) rimando al mio volume metodologico Poetica, critica e storia letteraria, Bari, Laterza,1963, 19673 (pp. 66-68, pp. 104-108, pp. 111-116). Una interpretazione tragico-teatrale dell’Alfieri ha dato R. Scrivano nell’interessante volume La natura teatrale dell’ispirazione alfieriana, Milano, 1963.

5 Ne anticipai – sviluppandole – alcune pagine sulla rivista «Maestrale» del 1941 in un articolo dal titolo V. Alfieri e il romanticismo.